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Operazione MARE Pulito

Secondo un rapporto realizzato da Fao e Unep, le reti dismesse abbandonate alla deriva negli oceani ammontano a circa 640.000 tonnellate, un decimo di tutti i rifiuti presenti in mare. Si tratta di reti che rimangono nell'ecosistema marino per centinaia di anni, responsabili della cattura accidentale di delfini, tartarughe e uccelli. Ridurre i rifiuti solidi presenti nei mari e in particolare le reti da pesca.

Accademia della Subacquea insieme ad altri subacquee esperti (prossimamente i nomi dei diving impegnati nel progetto) organizza giornate di pulizie di fondali in particolare nei porti dove giacciono anche accumulatori a piombo (batterie) in disuso delle barche e recupero di reti abandonate.

Si tratta di una vera e propria emergenza ambientale, chi è sub da molti anni si accorge inevitabilmente di quanto i nostri mari stanno diventando desertici di fauna e flora!!

Resta il fatto che non cibarsi più di animali, compresi i pesci e tutti gli animali marini e acquatici, è il modo migliore per combattere questo grave problema.

Mediterraneo mare morto

«Necessario stop alla pesca per 20 anni»

Secondo l’associazione ambientalista Sea Shepherd ecosistema e specie del Mediterraneo in grave pericolo. Tonno rosso verso l’estinzione.

Non è da ieri che se ne parla, ma si parla solo, gli interessi sono troppo forti. Esiste una ricerca al riguardo (che ci promettiamo di ritrovare e postare qui). «Per salvare il Mediterraneo bisognerebbe bloccare la pesca per 20 anni. Nessuno dovrebbe pescare niente. Così lo stanno distruggendo». A lanciare l'allarme è Paul Watson, co-fondatore di Greenpeace e oggi leader di Sea Shepherd, durante la global conference di Evian, dedicata a sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente.

«Ci sono 23 Paesi che hanno le loro sponde sul Mediterraneo. Il puzzle è molto intricato – spiega l’ambientalista - perché nessuno è pronto ad assumersi i propri impegni sulla tutela dell'ecosistema e delle specie. Ma il mare sta morendo».

Paradigmatico il caso del tonno rosso. «I Paesi del nord Mediterraneo – denuncia Watson - lo pescano dicendo che “se non lo facciamo noi lo faranno i tunisini”. I tunisini lo pescano dicendo “se non lo facciamo noi lo faranno i libici”. E così via. Ma la verità è che c'è un interesse a far ridurre la specie e portarla vicino all'estinzione, per denaro». A breve termine, infatti, il meccanismo di domanda e offerta premia la progressiva spoliazione. «Meno pesci ci sono, più il prezzo sale, e quindi – continua Watson - anche se la popolazione è ridotta al minimo, chi vende i tonni è seduto su una miniera d'oro. E' quella che si chiama economia dell'estinzione…».

I governi sono incapaci di risolvere da soli il problema. E quindi, secondo l’associazione ambientalista «l'unica soluzione è che le persone si diano da fare e agiscano in prima persona per tutelare il mare».

peacereporter.net

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